In cerca di un paese
12,50 €
Descrizione
Perché un teatro sia popolare è necessario volere che lo sia, che sia nella mentalità degli attori e di chi lo concepisce. Il Progetto Cantoregi come tutte le espressioni radicate nell’espressività popolare, non si pone obiettivi estetici a priori, non intende riformare, non lavora all’interno d’un sistema professionistico, ma ha sempre voluto cercare il “suo” teatro: un teatro che non si imponga, che sia fuori dalla logica del mercato, che sia accadimento funzionale all’interno di un circuito vitale: celebrativo, rituale, di possibilità e di occasione. A muovere il lavoro della Cantoregi è una storia condivisa che, come tale, può trovare un substrato fecondo nella storia intima dei singoli. Non è forse un caso che a sollecitare il piacere primo per il teatro sia la memoria degli spettacoli di burattini visti da bambini nella fioca, magicissima luce d’una lampada ad acetilene. L’attrazione per il popolare è anche votarsi all’ingenuità del suo teatro: un teatro violentemente teatrale, falso per sublimazione di verità, vero per esaltazione dell’inverosimile, dove un fantoccio di legno può far ridere o far piangere, dove una barba di cotone può trasformare un attore in un santo senz’ombra di menzogna. In una «perenne bohème di ricerca», tra la storia contadina, fonte d’ispirazione, e gli archivi abbandonati della cultura cosiddetta “alta”, quali fonti antropologiche, prende corpo una storia lunghissima di spettacoli e l’avventura di una comunità ritrovata in se stessa. Il piacere vince su tutto. Un piacere che la professione raramente è in grado di assicurare o di dare. Le ultime quindici pagine del volume, fitte dei nomi dei mille e più partecipanti al lavoro trentennale della Cantoregi ne sono la prova più diretta e vitale.